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I 30 benefici della pianificazione di marketing (2/2)

I 30 benefici della pianificazione di marketing (2/2)

Lieve è l’oprar se in molti è condiviso. (Omero)

Come si è visto nel post precedente, ho dovuto spezzare l’elenco in due parti (troppi benefici!) incominciando con i primi 14, raggruppati in due categorie: A. Guida, direzione e controllo, e B. Analisi, interpretazione e gestione delle informazioni.

Ecco gli altri 16, raggruppati in quattro categorie.

C. Coerenza e coordinamento delle risorse.

  1. Con un’esplicita attività di pianificazione, è molto più facile valutare la solidità e la coerenza delle decisioni e delle ipotesi sottostanti.
  2. In particolare, è più agevole verificare la coerenza fra gli obiettivi e le risorse finanziarie, tecnologiche e umane necessarie per raggiungerli.
  3. Per non parlare del fatto che un piano ben fatto e credibile facilita l’accesso a risorse finanziarie e/o a migliori condizioni nel loro uso, indipendentemente dalla fonte (banche, azionisti, investitori privati, venture capitalists, donatori).
  4. Inoltre, il piano facilita una visione integrata e bilanciata del portafoglio di business, consentendo l’identificazione delle relative responsabilità
  5. … e, quindi, l’assegnazione di obiettivi specifici ai vari livelli della struttura organizzativa e la conciliazione di possibili obiettivi in conflitto fra le varie aree funzionali (ad esempio, vendite vs. produzione o finanza).

D. Risparmi e gestione del rischio.

  1. Grazie anche ai vantaggi di cui sopra, pianificare consente una riduzione dei gradi di incertezza, con la conseguente riduzione dei rischi.
  2. Una migliore focalizzazione degli sforzi riduce gli sprechi e, quindi, migliora l’efficienza operativa.
  3. Per non parlare del fatto che i risparmi di risorse possono essere dirottati su utilizzi più promettenti, facilitando il raggiungimento della massa critica necessaria per competere nei vari contesti di mercato.

E. Comunicazione e motivazione interne.

  1. Strettamente collegata all’accessibilità del know-how cristallizzato nel piano, è la possibilità di comunicarne logica e contenuto a tutti coloro che, all’interno dell’organizzazione o sistematicamente in contatto con essa (ad esempio, agenti di vendita), possono e/o devono contribuire alla sua realizzazione nelle rispettive aree di competenza.
  2. Comunicare facilita una migliore comprensione e condivisione, non soltanto delle informazioni, ma anche degli obiettivi e dei vincoli organizzativi, rinforzandone la conciliazione con le aspettative individuali.
  3. Comunicare e condividere sono i migliori ingredienti della motivazione, dato che danno a ognuno un’esplicita consapevolezza di missione e appartenenza.
  4. Una maggiore motivazione genera un importante incentivo a impegnarsi e a focalizzare i propri sforzi, migliorando le performance professionali
  5. … e stimolando altresì una maggiore consapevolezza della necessità di integrare gli sforzi di ognuno in vista di obiettivi comuni e, quindi, del lavoro di team.

F. Comunicazione esterna e partnerships.

  1. Ovviamente, l’esistenza di un piano esplicito consente anche una migliore comunicazione con il mondo esterno, facilitando, per esempio e con tutte le necessarie precauzioni per proteggere la confidenzialità, lo sviluppo di alleanze con altre organizzazioni e potenziali partner.
  2. Per non parlare della possibilità di supportare e migliorare, con informazioni appropriate e continuative, le relazioni con la stampa e lo sviluppo di relazioni pubbliche.
  3. Infine, la disponibilità di un buon piano strategico, se correttamente comunicata, è un ottimo sintomo di cultura manageriale avanzata, che può più facilmente attrarre risorse professionali chiave, altrimenti riluttanti a imbarcarsi in vascelli senza bussola.

So, what? (e allora?)

Se consideriamo tutti i benefici sopra elencati, è abbastanza incredibile constatare che una larga maggioranza di aziende e organizzazioni (soprattutto le piccole, ma non soltanto quelle) non ha un vero e proprio piano di marketing strategico.

Una possibile spiegazione di questo fenomeno apparentemente strano, in aggiunta alla mancanza di cultura manageriale in molti paesi, è che pianificare non è facile, affatica il cervello, richiede un bel po’ di tempo e, talvolta, anche un po’ di soldi (soprattutto se si ha bisogno di aiuti esterni).

Uno dei pochi modi di ridurre l’impatto di tali ostacoli e facilitare almeno un’attività di pianificazione embrionale, è quello di semplificare e automatizzare (anche se con qualche investimento iniziale, soprattutto in termini di tempo) il processo di pianificazione strategica: è esattamente l’obiettivo dell’approccio judgmental modeling, che ho descritto in un’altra occasione, e che consiste sostanzialmente nell’alimentare semplici modelli di supporto alle decisioni, tradotti per esempio su fogli di calcolo, con input soggettivi basati su esperienza e intuizione.