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Quanto è intelligente (e utile) la business intelligence (BI)?

Quanto è intelligente (e utile) la business intelligence (BI)?

Foto di James Lee su Unsplash

La cosiddetta “business intelligence“ esiste da almeno quarant’anni, ma soprattutto nell’ultimo decennio assistiamo a una sua forte evoluzione nel senso di vera e propria “intelligenza“ nella gestione dei dati di business: le migliori piattaforme attualmente disponibili facilitano infatti l’identificazione e l’interpretazione dei dati più rilevanti a supporto delle decisioni, ma soltanto se si hanno le idee chiare sugli obiettivi e si è fatta preventivamente pulizia nel sistema informativo aziendale.

Gli sviluppi nel campo dell’analisi, gestione e presentazione dei dati di business (i cosiddetti analytics e la business intelligence in particolare) sono sempre più frequenti e veloci: credo quindi sia utile tentare di fare il punto in ottica manageriale, cercando anche di identificare alcune delle principali tendenze.

Ho usato un titolo un po’ provocatorio proprio perché la principale tendenza che mi sembra di poter rilevare è che, nonostante il significato originario del termine anglosassone intelligence sia soprattutto quello di semplice “investigazione“ o raccolta e presentazione di informazioni (sia pure a fini interpretativi), con il termine business intelligence ci si sta sempre più avvicinando al significato italiano di vera e propria “intelligenza“, intesa come capacità di comprendere, trarre delle conclusioni e prendere decisioni, che viene (o dovrebbe essere) quanto meno facilitata dalle nuove piattaforme.

Un breve excursus

Fino a pochi anni fa, infatti, le piattaforme software di business intelligence avevano ben poco di intelligente, nel senso che si limitavano a filtrare, disaggregare o aggregare e presentare i dati in cruscotti grafici (dashboards) per lo più gestiti centralmente dai responsabili IT, sia pure fornendo una serie di opzioni, ma lasciando agli utenti il compito di scegliere fra quelle disponibili e interpretarne il significato: nella sostanza, facevano in modo relativamente più agevole e sicuramente più “pittoresco“ e graficamente gradevole ciò che fanno tuttora le tabelle pivot di Excel.

In pratica, i cruscotti erano quasi esclusivamente descrittivi e non esistevano le funzionalità interpretative, predittive o addirittura prescrittive che stanno gradualmente emergendo in alcune delle più avanzate piattaforme attualmente disponibili, grazie soprattutto all’utilizzo di algoritmi di statistica multivariata, all’uso di augmented analytics (il che comprende funzionalità di intelligenza artificiale e machine learning, oltre all’uso del linguaggio naturale) e al supporto di menu di navigazione e testi esplicativi.

Il recente rapporto Gartner (autorevole società di ricerca nel settore ICT) su Magic Quadrant for Analytics and Business Intelligence Platforms (febbraio 2021) conferma questa tendenza sostenendo che gli strumenti di visualizzazione dei dati, per quanto sofisticati, sono ormai diventati una commodity e che la vera differenziazione fra piattaforme riguarda la loro capacità di supportare l’augmented analytics.

Le principali funzionalità “intelligenti” che possono facilitare e supportare l’interpretazione dei dati e il decision-making

Senza bisogno di entrare in dettagli tecnici (su cui non sarei del resto competente), mettiamoci nei panni, a titolo puramente esemplificativo, di chi voglia analizzare e interpretare dati di vendita riferiti a qualche decina di variabili (campi di un database, elencati ad esempio nelle intestazioni delle colonne di un foglio Excel) descrittive del comportamento nel tempo di qualche migliaio di soggetti (elencati nelle righe del foglio) con riferimento all’acquisto di una serie di prodotti e servizi:

  • potremmo semplicemente provare diverse modalità di analisi e rappresentazione grafica incrociando a buon senso e sulla base dell’esperienza i dati di variabili selezionate (cosa peraltro fattibile anche con le tabelle pivot di cui sopra, senza bisogno di scomodare la BI), ma limitandoci a “descriverli“ con grafici idonei (funzionalità non ancora intelligente in senso proprio!) senza preoccuparci troppo di trarne, supportandole con appropriate elaborazioni e argomentazioni, conclusioni esplicite;
  • è ciò che si limitava a fare, per l’appunto, la BI di una volta e che si vede quasi sempre nelle classiche rappresentazioni grafiche di dati numerici, spesso trasferite da Excel su presentazioni in Power Point, in cui i titoli e le legende dicono soltanto, nel migliore dei casi, quali variabili sono rappresentate e quali sono le unità di misura, e NON qual è il messaggio principale dei grafici, ossia ciò che essi vogliono comunicare: tale compito è solitamente lasciato alle capacità di chi interpreta e presenta i dati …
  • … ma potremmo invece essere interessati, proprio perché siamo noi a voler o dover interpretare e presentare i dati, a scoprire e diagnosticare, esplicitandone e supportandone le ragioni grazie ad appropriate elaborazioni e ricorrendo eventualmente anche a test statistici, un certo numero di fatti, relazioni e tendenze (funzionalità diagnostico-interpretativa) …
  • … che ci potrebbero condurre a formulare determinate previsioni (funzionalità predittiva) …
  • … ed eventualmente a prendere determinate decisioni (funzionalità prescrittiva, il massimo dell’intelligenza, purché non conduca a decisioni sballate!).

Quali tipi di fatti, relazioni e tendenze ci interessa scoprire e diagnosticare?

È proprio qui, ossia nelle capacità diagnostiche degli strumenti utilizzabili, anche da parte di utenti non esperti (ma che si presume sappiano cosa vogliono), la chiave di volta per valutare fino a che punto la BI è diventata veramente “intelligente“.

Ovviamente, i risultati in termini di previsioni e qualità delle decisioni saranno tanto migliori quanto maggiori saranno l’esperienza, le capacità, il buon senso e le intuizioni dei decisori, ma un grosso aiuto può essere dato da una buona parte delle nuove piattaforme disponibili, soprattutto in termini di riduzione della complessità dell’analisi e verifica dell’attendibilità delle conclusioni, in funzione, ad esempio e semplificando, di possibili obiettivi (ossia, cosa ci interessa scoprire o verificare?).

Sempre restando al caso dei dati di vendita, potremmo infatti essere interessati a (elenco non necessariamente esaustivo):

  • individuare relazioni e tendenze fra variabili: ad esempio, valutare se vi sia correlazione fra caratteristiche delle aziende clienti nel B2B (es. anzianità nel settore, classi di fatturato e/o dipendenti) e quantità acquistate di un dato prodotto o varietà di prodotti acquistati
  • classificare e profilare diverse entità o oggetti: ad esempio, raggruppare in classi di attrattività i clienti stessi o i prodotti, sulla base di una serie di variabili, anziché basarci sul solo fatturato, per poter meglio indirizzare la comunicazione a diversi segmenti o incroci prodotto/mercato
  • confrontare e distinguere diverse caratteristiche di tali entità o oggetti, ad esempio per valutare se siano opportune azioni mirate per sfruttare tali diversità o tentare di ridurle
  • prevedere e anticipare il valore di determinate variabili, ad esempio per supportare l’elaborazione di budget, con o senza il ricorso a elaborazioni precedentemente confermate come predittive.

Come ci può aiutare la BI?

Dando per scontato che sappiamo cosa vogliamo fare e perché (in caso contrario, nessuna piattaforma potrebbe esserci d’aiuto), gran parte delle piattaforme attualmente censite e valutate da Gartner è in grado di aiutarci, anche e soprattutto in modalità self-service, senza bisogno di ricorrere ogni volta ai responsabili IT, a:

  • verificare, almeno in larga misura, l’utilizzabilità dei dati, anche se provenienti da diverse fonti: ad esempio, dal sistema gestionale e dal CRM aziendale e/o generati come output di elaborazioni statistiche che li hanno pre-digeriti e validati; non entro nelle disquisizioni sulla sicurezza e qualità dei medesimi (autenticità, affidabilità e attendibilità, validità, completezza e accuratezza), che è comunque opportuno controllare con gli esperti IT dell’azienda, con chi ha prodotto i dati e con noi stessi se ne siamo gli utenti
  • identificare gli obiettivi delle analisi, tramite menu e/o con il supporto di queries in linguaggio naturale
  • identificare le modalità più appropriate per elaborare i dati in funzione degli obiettivi ed elaborarli, utilizzando i necessari strumenti matematici e statistici, disponibili in modo nativo o importati: dalla matematica delle scuole medie alla statistica descrittiva, inferenziale e multivariata (come ad esempio l’analisi fattoriale, la regressione multipla e l’analisi cluster) o addirittura, in alcuni casi, l’intelligenza artificiale e il machine learning; anche qui non entro nelle distinzioni fra embedded, augmented e advanced analytics, che però potete facilmente trovare sul web e vi chiariscono le potenzialità e gli eventuali limiti delle varie piattaforme
  • presentare graficamente in modo chiaro e accattivante il risultato delle elaborazioni, con dovizia di icone, menu e testi esplicativi: le dashboard attuali sono sempre più dinamiche, interattive, condivisibili via web e personalizzabili in funzione di esigenze specifiche.

La bottom line

È risaputo quanto sia difficile e complesso misurare costi e benefici dell’utilizzo delle IT, ma un recente  e approfondito studio condotto da un’altra importante e credibile società di ricerca sull’uso, da parte di otto grandi clienti, di una delle migliori piattaforme di BI censite da Gartner, ha preso in considerazione e misurato in dettaglio, oltre ai costi vivi, una serie di vantaggi in termini di velocità decisionale, efficienza e risparmi, stimando un ROI complessivo vicino al 600% nel lasso di tempo di tre anni.

Credo che, date le indubbie credenziali dei ricercatori (non faccio il loro nome né quello della piattaforma considerata per ovvi motivi), anche uno scettico avrebbe difficoltà a non credere a un ROI comunque ampiamente positivo.

So, what?

Avendone viste in vita mia di tutti i colori, il take away che mi sento di proporvi se siete i titolari o i responsabili della vostra azienda e non avete ancora una piattaforma di BI, è comunque quello di sceglierla, con l’aiuto del o della responsabile IT e di tutti gli esperti che volete, soltanto DOPO aver approfittato dell’occasione per fare un po’ di chiarezza e di pulizia nell’intero sistema informativo dell’azienda, possibilmente in ottica di mercato e assicurandovi di disporre anche di un congruo sistema di CRM.

Ricordiamoci che il vero finanziatore dell’azienda è il mercato, che il vero responsabile di marketing è quindi il vertice aziendale e che le scelte sui sistemi informativi sono strategiche e di sua competenza, anche se supportate da tecnici che possibilmente capiscano di cosa parlano anche in ottica di business.

E se non siete i titolari, ma vi piacerebbe disporre, insieme ai vostri colleghi, di uno strumento che vi consenta di colloquiare e condividere dati, informazioni e insights senza richiedere ai diversi utilizzatori attitudini da nerd e contribuisca a ridurre la proliferazione di applicazioni dei tipi più disparati, oltre ad allucinanti tempi di attesa per poterne disporre, premete (stavo per dire “ammutinatevi”!) perché i vertici facciano quanto sopra.