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Il rischio di ignorare la management science nel marketing

Il rischio di ignorare la management science nel marketing

Foto di Cristofer Jeschke su Unsplash

Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di correre dei rischi? (Vincent van Gogh)

Vincent ha perfettamente ragione, e a dire il vero rischiava spesso e non poco (v. la sua affascinante, anche se spesso triste e turbolenta, storia in “Brama di vivere” di Irving Stone), ma non è nemmeno il caso di esagerare, soprattutto quando il rischio non lo corriamo soltanto noi, ma anche la nostra azienda e i nostri collaboratori.

Citavo recentemente il bel libro di Montgomery & Urban su Management Science in Marketing, ora sfortunatamente out of print. Nella loro introduzione elencavano i sei principali fattori che rallentavano lo sviluppo di questa disciplina, nota anche come ricerca operativa e in gran parte sinonimo di decision science.

Vediamo se e in quale misura la situazione da loro descritta è cambiata dopo cinquant’anni dalla pubblicazione del libro e, soprattutto, quali considerazioni possiamo trarne. Ecco i sei fattori, come i due autori li avevano sintetizzati:

  1. Complessità dei fenomeni di mercato: a) le risposte del mercato tendono a essere fortemente non lineari, mostrando effetti soglia e tetto (la famosa curva a S, di cui magari parleremo un’altra volta); b) la risposta agli investimenti fatti oggi si materializzerà (se va bene) in futuro, ma spesso non si sa quando; c) gli effetti positivi o negativi di investimenti passati possono avere un impatto cumulato sui risultati attuali; d) le reazioni del mercato tendono a scemare se non continuamente stimolate, e comunque e) dipendono quasi sempre dalla convergenza di molti fattori.
  2. Interazione fra le variabili di marketing: anche a causa di quanto appena detto, l’impatto di qualsiasi variabile che cerchiamo di controllare è difficile da valutare, sia per fattori esterni (situazione economica, aspettative dei clienti, ecc.) che per cause interne (strategie distributive, livelli di prezzo, ecc.).
  3. Comportamento dei concorrenti: il risultato finale di molte decisioni di marketing dipende spesso dalle reazioni dei concorrenti, mentre ciò non accade o è poco significativo, ad esempio, nelle aree della finanza e della produzione.
  4. Instabilità dei comportamenti del mercato, influenzati da cambiamenti nei gusti, nelle aspettative e negli atteggiamenti.
  5. Difficoltà di misurazione, dovute in gran parte a difficoltà di osservazione diretta.
  6. Incompatibilità fra responsabili di marketing ed esperti di ricerca operativa: i primi utilizzano raramente strumenti quantitativi, mentre i secondi sono abituati a lavorare con i numeri e a modellizzare i processi decisionali.

I forti cambiamenti intervenuti negli ultimi cinquant’anni nel contesto socio-economico, in buona parte accelerati anche dallo sviluppo tumultuoso delle tecnologie dell’informazione, hanno sicuramente esacerbato la rilevanza dei primi quattro fattori.

Tuttavia, sembra che la stessa esplosione delle ICTs (information and communication technologies) ci aiuti a meglio controllare gli ultimi due. In particolare:

  • l’intelligenza artificiale sta finalmente diventando disponibile e relativamente accessibile in molte aree della nostra vita, business compreso: ricordo quando, insieme ad alcuni amici e colleghi, avevo presentato un piccolo sistema esperto a supporto delle decisioni di marketing delle PMI in una conferenza internazionale riservata a pochi maniaci nei primi anni 90!
  • gli analytics rendono sempre più disponibili a tutti noi una quantità e qualità di dati sugli atteggiamenti e il comportamento del mercato totalmente inimmaginabili anche due decenni fa
  • la business intelligence sta finalmente diventando “quasi” intelligente (!) anziché limitarsi a essere un sistema flessibile di reporting e di presentazione dei dati in cruscotti, grazie a un utilizzo “relativamente” friendly di funzionalità diagnostiche basate sulla statistica multivariata (a proposito dell’interrelazione fra variabili!)
  • last but not least, persino i ben noti fogli di calcolo, che rappresentavano un’innovazione radicale per pochi e fanatici early adopters verso la fine degli anni ’70 (alcuni di voi forse ricordano VisiCalc, Framework, Symphony e Lotus 1.2.3) sono ora sulla scrivania di tutti, anche nelle aziende più piccole (peraltro utilizzati quasi soltanto per far di conto!), e le Tabelle Pivot di Excel, antenate della business intelligence, sono perfettamente in grado di gestire anche dataset di grosse dimensioni.

A maggior ragione rispetto a quanto stigmatizzato da Montgomery & Urban tanti anni fa, chi si interessa di marketing non può quindi più permettersi di recalcitrare di fronte ai numeri, alla misurazione e alle tecniche quantitative …

… ma potreste trovare buone notizie anche per tutti noi con un background umanistico (e ignoranti in matematica!) nel prossimo post.

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